Nel 1992 l’ANC, l’African National Congress, nato come movimento anti-aphartheid fondato da Nelson Mandela, poi diventato partito politico, è stato il motore di un cambiamento sociale epocale, che ha portato alla fine del regime segregazionista e alla nascita del Sudafrica, quale Rainbow Nation, nazione arcobaleno.
Persone appartenenti a tredici tribù diverse, con lingue, tradizioni, colore della pelle diverso (bianchi, neri, asiatici, pelle mista) si sono ritrovate insieme per la prima volta sotto quel tetto di quasi-democrazia, conquistato con le unghie e con i denti.
Manifestazioni
È invece in questi giorni che tutto il Sudafrica si è riversato per le strade a protestare proprio contro l’ANC e a chiedere le dimissioni del corrotto Presidente Zuma. Si susseguono manifestazioni in tutte le maggiori città: Cape Town, Durban, Pretoria. Il grido è #SaveSouthAfrica, quasi fosse #SavetheRhino. Chiedono meno tasse, la fine delle disuguaglianze, della supremazia bianca, la riduzione della povertà per le classi lavoratrici più deboli, l’opportunità di lavorare.
Economia e Persone
Uno dei paesi con più risorse naturali al mondo, con una massiccia crescita infrastrutturale, uno dei paesi dei BRICS, insieme a Brasile-India-Cina, il Sudafrica appunto, sconta il tipico problema africano: quello dell’instabilità economica, con una moneta, il rand, perennemente altalenante. E se l’economia son solo numeri, le persone non lo sono. Qui sotto una mia foto di due anni fa a Soweto, la township di Johannesburg.
La morte di Ahmed Kathrada, uno degli attivisti anti-apartheid
È anche in queste giornate di tensione che è morto a 87 anni uno degli uomini simbolo della lotta contro l’apartheid, Ahmed Kathrada, detto Kathy, indiano, braccio destro di Mandela, condannato nel 1964 nel Rivonia Trail, il processo di Rivonia, a prigione a vita.
The Guardian ci racconta la sua storia, la sua formazione, i suoi fermi principi di lotta non violenta contro un regime seppur violento. Kathy ha trascorso a Robben Island, l’isola carcere di fronte a Cape Town, quasi trent’anni ai lavori forzati e è riuscito a prendere ben quattro lauree per corrispondenza. Nel 1989 è stato rilasciato, nel 1994 dopo la nomina di Mandela a presidente, è diventato ministro del primo governo nero sudafricano.
È grazie a Kathrada che è stato preservato uno dei patrimoni culturali del Paese, diventato un museo a cielo aperto, proprio Robben Island. Oggi i visitatori possono raggiungere l’isola con una barca e vengono accompagnati da un ex-carcerato, che racconta la vita dei prigionieri, chi erano, la loro storia. La memoria e le radici di un Paese sono salvi.
Fasiha Hassan, la studentessa ventitreenne musulmana attivista, che in questi giorni è scesa per le strade a protestare contro un sistema ingiusto, ha testimoniato come lo zio Kathy abbia anche in questi ultimi anni sostenuto, supportato e presenziato alle mobilitazioni degli studenti. Anche quando erano tacciati come impopolari, piantagrane o scimmie, Kathy non ha mai mancato di condividere con loro la lotta per un’educazione libera, di qualità, scevra dalla cultura coloniale. L’affinità di quest’uomo con le nuove generazioni born free, nate libere, è stupefacente. Nonostante l’esigenza di riforme e cambiamenti politici radicali, il legame con il passato rimane forte e simbolico.
E probabilmente saranno proprio legami e spiriti come questo, che aiuteranno il lungo cammino verso la libertà per un Sudafrica, che ancora deve crescere e trovare un sano equilibrio.