Madagascar, passaggio a Ovest

Madagascar, passaggio ad ovest.Ho preso il taxi brousse, il mezzo pubblico malgascio, che in quattordici ore di viaggio intensissimo ci avrebbe portato da Tana a Morondava.
Ero con gli amici volontari polacchi, che per un mese avevano insegnato inglese e fatto animazione ai bambini di una scuola di un’ong. Mi avrebbero dunque fatto compagnia nell’esplorazione dell’Ovest del MadagascarAntananarivo, detta Tana, è la capitale del Madagascar, detta l’isola rossa, la quarta più grande al mondo, lunga 1500 Km. Da lì tutto parte e tutto arriva: i trasporti, le strade, le merci, gli zebù (la loro mucca cornutissima), i carri, le macchine. Detto così ti immagineresti un grande centro, magari non proprio industriale, ma almeno agricolo, magari dinamico e motore del paese. Ma qui siamo in Madagascar, nel terzo mondo, paese il cui ultimo colpo di stato è quello del 2009, perché prima c’era stato quello del 2001: le strade sono molto brutte in generale, non hanno avuto più alcuna manutenzione da tempo, molte imprese sono andate in bancarotta e fallite con questo ennesimo rivolgimento politico, la gente spesso vive in case/capanne fatiscenti in lamiera; la vita è la strada, rumorosa e caotica.
Lasciando Tana, la strada passa da subito in mezzo alle risaie, molte dismesse. Il territorio ha un aspetto molto cupo, enormi paludi in mezzo ai rifiuti, popolato da maxi zanzare. Una volta, nei secoli dei secoli, al posto di ciascuna di quelle risaie, c’era uno dei polmoni del pianeta, enormi distese di preziosissima foresta primaria. In Mada chi è ricco è proprietario delle risaie, chi è povero coltiva e mangia il riso.


Anche qui nel profondo dell’Africa, di quell’altra Africa, la strada è piena di gente che cammina e fa tanti chilometri a piedi. Loro che per guadagnare qualche ariary, la loro svalutatissima moneta, tengono dei piccoli negozietti, delle bancarelle proprio davanti a casa: in genere molti vendono cibo.
Inizialmente si attraversano alcuni villaggi, ma quello che salta all’occhio è che non ci sono indicazioni stradali o cartelli che ne indichino il nome.
La strada per Morondava, città di mare sulla costa Ovest, è una striscia che passa in mezzo al nulla. Attraversa un territorio che ti fa venire in mente la terra di nessuno. Non c’è erba, non c’è terra, è una specie di deserto senza sabbia, il territorio è eroso, non c’è una pianta, sembra non ci sia vita alcuna. In questi quasi 700 Km di desolazione e purgatorio, sovrastati da un cielo talvolta plumbeo, ogni tanto si incrocia un raro villaggio: poche case, pochi uomini, che vivono di una terra così arida che non produce più e spesso qui la gente è talmente povera da non avere neanche uno zebù. Non son stati favoriti nemmeno dal clima, qui avaro di piogge.

Ovest, Madagascar, Soultravelling
C’è tanto randagismo, cani senza padrone che girano in questo allucinante girone, senza pietà, di un’umanità perduta. Sì perché chi vive lì, non ha generalmente mezzi per spostarsi, è scollegata rispetto al resto del mondo, brutto o bello che sia. Chi vive lì, sopravvive in queste micro comunità probabilmente con le stesse modalità, pensieri, credenze di chi lì ci viveva nell’800.
Siamo arrivati esausti e provati a destinazione. Abbiamo terminato il nostro passaggio ad ovest a Morondava. L’abbiamo trovata affollatissima e con una fiumana di giovanissimi che andavano chi sa dove a divertirsi. Ci siamo spostati a piedi, al buio, col nostro zaino in spalla, verso l’hotel.

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