Hluhluwe-Imfolzi Park è Roots of Heaven in Sudafrica.
Fare safari fotografici, game drive con la jeep nella savana è una delle attività che amo di più, ma camminare e dormire in campi tendati nel bush è in assoluto quello che più permette di sperimentare la natura africana e gli animali selvaggi. E’ entrare veramente nello spirito e nell’anima dell’Africa.
Una delle tappe più emozionanti del mio giro è stato il trail, la passeggiata di 3 giorni e due notti nel Hluhluwe-Imfolzi Park, una delle prime riserve naturali sudafricane nella regione del KwaZulu Natal– ben 96.000 ettari di parco- un paradiso, anche se oggi violato, per i rinoceronti bianchi.
Io lo preferisco al più celebre, commerciale e poco intimo Kruger National Park.
Eravamo un bel gruppo: inglesi, un ragazzo tedesco, sudafricani e un’italiana (indovinate chi? J). E poi Mark e Lucy i nostri ranger senza i quali la nostra passeggiata non sarebbe stata così ben organizzata (in tutti i particolari) protetta, animata da notizie e conoscenze e chiacchiere più leggere.
Poteva essere un gruppo come tanti: per un’italiana, da sola, non è sempre facile integrarsi, noi latini siamo diversi dagli anglofoni. E non è solo un fattore linguistico. Ma Mark si è rivelato un ottimo animatore, un compagno di avventura nel bush durante il giorno o attorno al fuoco, la sera, nell’oscurità stellare africana dell’altro emisfero. Lucy, la nostra guida Zulu, si è dimostrata una ragazza di grande intraprendenza, sensibilità, oltre che una professionista.
Abbiamo attraversato l’Imfolozi River per raggiungere il nostro camp nel bush. Ci sono volute un paio d’ore. Eravamo abbastanza scarichi perché un gruppo di asinelli ci aveva anticipato con i nostri bagagli, il cibo e le vivande. Insomma era una vera e propria spedizione.
I momenti più belli sono stati al tramonto, quando dalla nostra posizione dominavamo l’Imfolozi River, ad agosto in secca. Così è stata una grande emozione vedere arrivare il branco di elefanti, che ha poi attraversato longitudinalmente il fiume. Tutta la famiglia con l’elefantessa, la patriarca davanti e i piccoli in mezzo. La foto a sole già calato, a quella distanza, non rende giustizia alla magia del momento, alla magia che solo lo sguardo e la memoria può catturare, non l’obiettivo. Il fascino di quel momento è nella primordialità di questi magnifici animali, così intelligenti e sociali. I miei preferiti. Per cui farei di tutto. Ho pensato alla stessa scena nel 2008 in Namibia, all’Ethosha National Park, anche qui una massa enorme, forse ancora di più, di queste bestie che andavano alla pozza al tramonto.
Il fiume e l’acqua sono i protagonisti del nostro trail, insieme a tanti dei Big Five. I Big Five sono i cinque animali ritenuti più pericolosi, per la loro grandezza ed impeto: elefante, bufalo, leone, rinoceronte, leopardo. A pensarci non la utilizzerò più questa espressione, nata per ricordare i trofei di caccia più ambiti. Diventata d’uso nei safari fotografici, ma comunque presa in prestito da un Mondo dove la loro grandezza è vissuta come semplice prova della superiorità dell’uomo, come predazione, in un meccanismo che di naturale non ha più nulla, ma è solo violenza. La natura è natura. Non è giusta o sbagliata, è sopravvivenza. Nelle foto sotto si vede il risultato dell’attacco delle due leonesse dell’Imfolozi ad un bufalo: sfamano se stesse e i loro 4 cuccioli, dopo una lotta in cui loro stesse e quindi di conseguenza, i loro piccoli hanno rischiato la vita.
Così ho pensato: Roots of Heaven, le radici del cielo: il primo romanzo sui diritti degli animali mai scritto. Un gruppo di attivisti ambientalisti che si schiera con gli elefanti e contro i cacciatori, contro i trafficanti dell’avorio. A loro rischio e pericolo. Siamo negli anni ’50.
Quel posto, l’Imfolozi, ha la grandezza straordinaria e l’anima di Roots of Heaven. E’ quello spazio di cielo che ancora abbiamo la fortuna di vedere. Il bush, la savana bassa dell’Africa meridionale, crea il giusto mix di emozioni e rende più facile parlarsi, divertirsi. Essere. La sera. Attorno al fuoco. Sotto le stelle.
Andare poi a dormire nel silenzio, interrotto dai barriti o dai ruggiti, ti fa sentire se non protetto, parte di quella straordinaria armonia. La sensazione è di ritrovare la giusta proporzione tra le cose, vederle dalla giusta distanza e rapportarsi col mondo secondo quelle che sono le regole del gioco. Così dovrebbe sempre essere.
Il ritorno alla civiltà ha il sapore della coppia di rinoceronti bianchi, che schiviamo in mezzo alla boscaglia, dei bufali che vediamo dall’alto e da lontano da un altro punto panoramico straordinario e silenzioso, degli impala e delle giraffe. Della piccola grande cavalletta colorata.
Comunque un altro ritorno. Un altro viaggio. Nel viaggio.